Ricorso della Regione Toscana (partita I.V.A. n. 01386030488), in
persona del Presidente pro  tempore  della  Giunta  regionale,  dott.
Enrico Rossi, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n.
415 del 1° aprile 2019, rappresentato e difeso, come  da  mandato  in
calce  al  presente  atto,  dall'Avv.  Lucia  Bora  (codice  fiscale:
BROLCU57M59B157V     -     Pec:      lucia.bora@postacert.toscana.it)
dell'Avvocatura regionale, ed  elettivamente  domiciliato  presso  lo
studio    dell'avv.    Marcello    Cecchetti,    (codice     fiscale:
CCCMCL65E02H501Q) in Roma, piazza Barberini n.  12  (fax  06/4871847;
PEC: marcello.cecchetti@firenze.pecavvocati.it); 
    Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro  tempore  per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 11-quater
della legge 11 febbraio 2019 n. 12, di conversione del  decreto-legge
14 dicembre 2018 n. 135,  nella  parte  in  cui,  inserendo  i  commi
1-quinquies e 1-septies all'art. 12 del decreto legislativo 16  marzo
1999 n. 79,  dispone  che  il  canone  di  concessione  delle  grandi
derivazioni idroelettriche ed il canone aggiuntivo di  cui  al  comma
1-septies, corrisposti alle Regioni, sono destinati per almeno il 60%
alle province e citta' metropolitane il cui territorio e' interessato
alle derivazioni, per violazione degli articoli 117 terzo comma,  118
e 119 primo, secondo e quarto comma Cost. 
    In data 12 febbraio 2019  e'  stata  pubblicata,  nella  Gazzetta
Ufficiale n. 36,  la  legge  n.  12  del  2019,  di  conversione  del
decreto-legge 14 dicembre 2018 n. 135 recante  «Disposizioni  urgenti
in materia di sostegno e semplificazione per  le  imprese  e  per  la
pubblica amministrazione». 
    In particolare, l'art. 11-quater detta disposizioni in materia di
concessioni  di  grandi  derivazioni  idroelettriche   ed   inserisce
all'art. 12 del decreto legislativo 16 marzo  1999  n.  79  il  comma
1-quinquies, che, tra l'altro, prevede che il canone  di  concessione
delle grandi derivazioni idroelettriche corrisposto alle Regioni  «e'
destinato per almeno il 60% alle province e citta'  metropolitane  il
cui territorio e' interessato dalle derivazioni». 
    Inoltre lo stesso art. 11-quater inserisce, nello stesso art.  12
del decreto legislativo n. 79/1999, il comma 1-septies, che  contiene
analoga obbligatoria devoluzione alle province e citta' metropolitane
di almeno  il  60%  del  canone  aggiuntivo  previsto  a  carico  del
concessionario scaduto per la fase transitoria sino  all'assegnazione
della concessione. 
    Tali previsioni sono lesive  delle  competenze  regionali  per  i
seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 11-quater della legge 11
febbraio 2019 n. 12, di conversione  del  decreto-legge  14  dicembre
2018 n. 135, nella parte in cui, inserendo il comma 1-quinquies ed il
comma 1-septies all'art. 12 del decreto legislativo 16 marzo 1999  n.
79, dispone che il canone di  concessione  delle  grandi  derivazioni
idroelettriche a regime corrisposto alle Regioni, nonche'  il  canone
aggiuntivo, da corrispondere alle Regioni dal concessionario  scaduto
per l'esercizio degli impianti  nelle  more  dell'assegnazione  della
concessione, sono destinati per almeno il 60% alle province e  citta'
metropolitane il cui territorio e' interessato alle derivazioni,  per
violazione degli articoli 117 terzo comma, 118 e 119 primo, secondo e
quarto comma Cost. 
    L'art. 11-quater della legge 11 febbraio 2019, n. 12, ha disposto
una  modifica  al  decreto  legislativo  n.  79/1999  prevedendo  una
regionalizzazione della proprieta' delle opere  idroelettriche,  alla
scadenza delle concessioni o nei casi di decadenza  e  rinuncia  alle
stesse. Piu' in dettaglio, e'  previsto  il  trasferimento  a  titolo
gratuito alle Regioni di tutte le opere di raccolta, di regolazione e
di condotte forzate ed i canali di scarico; per le cosiddette  «opere
asciutte» (fabbricati, macchinari, apparati elettrici, ecc.), invece,
e' stabilita la corresponsione di un prezzo da quantificare,  secondo
precisi criteri, al netto dei beni ammortizzati. E' inoltre  disposto
che le Regioni, «ove non ritengano sussistere un prevalente interesse
pubblico  ad  un  diverso  uso  delle  acque,  incompatibile  con  il
mantenimento dell'uso a fine idroelettrico», procedano  ad  assegnare
le concessioni di grandi derivazioni idroelettriche: 
      ad operatori economici individuati attraverso l'espletamento di
gare con procedure ad evidenza pubblica; 
      a societa' a capitale misto pubblico  privato  nelle  quali  il
socio  privato  e'  scelto  attraverso  l'espletamento  di  gare  con
procedure ad evidenza pubblica; 
      mediante forme di partenariato pubblico-privato. 
    Le  Regioni  avranno  tempo  fino  al  31   dicembre   2020   per
disciplinare, attraverso una legge, le modalita' e  le  procedure  di
assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni d'acqua a  scopo
idroelettrico. 
    In tale contesto, il nuovo comma  1-quinquies  dell'art.  12  del
decreto legislativo n. 79/1999,  introdotto  dall'art.  11-quater  in
oggetto, dispone: 
      «1-quinquies.   I   concessionari   di    grandi    derivazioni
idroelettriche corrispondono semestralmente alle regioni  un  canone,
determinato con legge regionale, sentita l'Autorita'  di  regolazione
per energia, reti e ambiente (ARERA), articolato  in  una  componente
fissa, legata alla potenza nominale media di concessione,  e  in  una
componente  variabile,  calcolata   come   percentuale   dei   ricavi
normalizzati,   sulla   base   del   rapporto   tra   la   produzione
dell'impianto, al netto dell'energia fornita alla  regione  ai  sensi
del presente comma, ed il prezzo  zonale  dell'energia  elettrica  Il
compenso   unitario   di   cui   al    precedente    periodo    varia
proporzionalmente alle variazioni, non  inferiori  al  5  per  cento,
dell'indice ISTAT relativo al prezzo industriale per  la  produzione,
il trasporto e la distribuzione  dell'energia  elettrica.  Il  canone
cosi' determinato e' destinato  per  almeno  il  60  per  cento  alle
province e alle citta' metropolitane il cui territorio e' interessato
dalle derivazioni. Nelle concessioni di grandi  derivazioni  a  scopo
idroelettrico, le regioni possono disporre con legge l'obbligo per  i
concessionari di fornire  annualmente  e  gratuitamente  alle  stesse
regioni 220 kWh per ogni kW di potenza nominale media di concessione,
per almeno il 50 per cento destinata a servizi pubblici  e  categorie
di utenti dei territori provinciali interessati dalle derivazioni». 
    Il nuovo comma 1-septies dell'art. 12 del decreto legislativo  n.
79/1999, introdotto dall'art. 11-quater in oggetto,  dispone  per  la
fase transitoria: 
      «Fino all'assegnazione  della  concessione,  il  concessionario
scaduto e' tenuto a fornire,  su  richiesta  della  regione,  energia
nella misura e con le modalita' previste dal comma  1-quinquies  e  a
riversare alla regione  un  canone  aggiuntivo,  rispetto  al  canone
demaniale, da corrispondere per l'esercizio degli impianti nelle more
dell'assegnazione; tale canone aggiuntivo destinato  per  un  importo
non  inferiore  al  60  per  cento  alle  province  e   alle   citta'
metropolitane il cui territorio e' interessato dalle derivazioni. Con
decreto del Ministro dello  sviluppo  economico,  sentita  l'ARERA  e
previo parere della Conferenza  permanente  per  i  rapporti  tra  lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono
determinati il valore minimo della componente fissa del canone di cui
al comma 1-quinquies e il valore minimo del canone aggiuntivo di  cui
al precedente periodo; in caso di mancata adozione del decreto  entro
il termine di centottanta giorni dalla  data  di  entrata  in  vigore
della presente disposizione, fermi restando i criteri di ripartizione
di cui al presente comma e al comma 1-quinquies, le  regioni  possono
determinare l'importo dei canoni di  cui  al  periodo  precedente  in
misura non inferiore a 30 euro per la componente fissa del canone e a
20 euro per il canone aggiuntivo per  ogni  kW  di  potenza  nominale
media di concessione per ogni annualita'». 
    Oggetto del ricorso in esame sono le  due  specifiche  previsioni
per cui il canone  di  concessione,  sia  a  regime  che  nella  fase
transitoria, e' destinato per almeno il 60 per cento alle province  e
alle citta' metropolitane il  cui  territorio  e'  interessato  dalle
derivazioni. 
    Tali  disposizioni  infatti  pongono  un  vincolo  puntuale  alla
destinazione del canone di concessione  che  i  concessionari  devono
versare alle Regioni,  in  quanto  almeno  il  60%  di  tale  canone,
determinato come stabilito dalle norme, e' destinato alle province  e
citta' metropolitane. 
    Queste  ultime  non  sono  destinatarie  di  alcuna  funzione  in
relazione alle concessioni per grandi derivazioni idroelettriche. 
    Cio' e' confermato da un sintetico  esame  della  normativa  gia'
vigente  in  materia,  cosi'  come  ricostruito  piu'   volte   dalla
giurisprudenza di questa Ecc.ma Corte  costituzionale  (gia'  con  la
sentenza n. 1/2008). 
    L'art. 6 del R.D. 1775/1933 stabilisce che  le  utenze  di  acqua
pubblica hanno per oggetto grandi e piccole derivazioni: sono  grandi
derivazioni quelle che per produzione di forza  motrice  eccedono  la
potenza nominale media annua di kilowatt 3000 e che per  costituzione
di scorte idriche a fini di sollevamento a scopo di  riqualificazione
di energia superano i 100 litri al minuto secondo.  Fino  al  decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti
amministrativi dello Stato alle  regioni  ed  agli  enti  locali,  in
attuazione  del  capo  I  della  legge  15  marzo   1997,   n.   59),
relativamente alle derivazioni situate nel territorio delle Regioni a
statuto ordinario, la competenza in materia apparteneva  allo  Stato,
al quale spettavano, a titolo dominicale, i  canoni  di  concessione,
quando le grandi derivazioni afferivano al demanio idrico statale. 
    L'art.  86  del  decreto  legislativo  n.   112   del   1998   ha
profondamente innovato la materia, conferendo alle Regioni competenti
per  territorio  l'intera  gestione  del  demanio  idrico   (la   cui
titolarita' restava comunque allo Stato), e il successivo art. 88  ha
specificato  che  detta  gestione   comprende   tutte   le   funzioni
amministrative relative alle  derivazioni  di  acqua  pubblica,  alla
ricerca, estrazione e utilizzazione  delle  acque  sotterranee,  alla
tutela del sistema idrico sotterraneo,  nonche'  alla  determinazione
dei canoni di concessione e all'introito dei relativi proventi. 
    Il  decreto   legislativo   n.   112   del   1998   aveva   fatto
temporaneamente salva (art. 29, comma 3) la competenza dello Stato in
materia di grandi derivazioni, prevedendo che,  fino  all'entrata  in
vigore delle nonne di recepimento della  direttiva  96/92/CE  del  19
dicembre 1996 (Direttiva  del  parlamento  europeo  e  del  Consiglio
concernente  norme  comuni  per  il  mercato   interno   dell'energia
elettrica), le concessioni fossero rilasciate  dallo  Stato  d'intesa
con la Regione interessata ovvero, in  caso  di  mancata  intesa  nel
termine di sessanta giorni, dallo Stato. 
    Successivamente, con il decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79,
e' stata data attuazione alla  citata  direttiva  96/92/CE  e  si  e'
pertanto realizzata la condizione cui l'art. 29, comma 3, del decreto
legislativo n.  112  del  1998  subordinava  il  trasferimento  delle
competenze alle Regioni. 
    Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12  ottobre
2000 (Individuazione dei beni e  delle  risorse  finanziarie,  umane,
strumentali e organizzative da trasferire alle regioni ed  agli  enti
locali per l'esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi in
materia di demanio idrico), adottato ai sensi dell'art. 7 della legge
n. 59 del 1997, si e' infine provveduto a dare definitiva  attuazione
al disegno prefigurato dal  legislatore  del  1997,  prevedendosi  il
trasferimento alle Regioni, a decorrere  dal  1°  gennaio  2001,  del
personale, dei mezzi strumentali e di tutti gli  atti  relativi  agli
affari pendenti in materia di derivazioni di acque pubbliche. 
    Infine, con l'entrata in vigore  delle  modifiche  del  Titolo  V
della Parte II della Costituzione alle  Regioni  ordinarie  e'  stata
attribuita una  competenza  legislativa  concorrente  in  materia  di
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia». 
    Da tale quadro sintetico, si evince che, come  gia'  evidenziato,
alcuna competenza in materia e' attribuita  alle  province  e  citta'
metropolitane; tale attribuzione di funzioni non e' prevista  neppure
nella disciplina contenuta nell'art. 12 del  decreto  legislativo  n.
79/1999, cosi' come modificato dall'art.  11-quater  della  legge  n.
12/2019 in oggetto. Tale norma infatti dispone il trasferimento della
proprieta'  alle  Regioni  di  tutte  le  opere   di   raccolta,   di
regolazione, di condotte forzate ed i canali di  scarico,  prevedendo
che le stesse Regioni effettuino le procedure  di  evidenza  pubblica
per l'assegnazione delle concessioni;  neanche  la  nuova  disciplina
prevede dunque compiti provinciali ne'  della  citta'  metropolitana,
neppure per il periodo transitorio. 
    Pertanto  l'obbligatoria  devoluzione  alle  Province  e   citta'
metropolitane di almeno il 60%  del  canone  di  concessione  che  la
Regione riceve dal  concessionario  si  pone  in  contrasto  con  gli
indicati parametri costituzionali. 
    1.a) Le funzioni attinenti la derivazione di acqua  pubblica  per
usi idroelettrici sono state ricondotte alla  competenza  legislativa
concorrente in materia  di  «produzione,  trasporto  e  distribuzione
nazionale dell'energia» di cui all'art. 117 terzo comma Cost.  (Corte
cost. sentenze n. 158 del 2016, n. 85 e n. 64 del 2014). 
    La giurisprudenza costituzionale ha chiarito che le Regioni hanno
titolo, nell'ambito della propria competenza ai sensi dell'art.  117,
terzo comma, Cost., a determinare i canoni idroelettrici nel rispetto
del principio fondamentale  «della  onerosita'  della  concessione  e
della proporzionalita' del canone  alla  entita'  dello  sfruttamento
della risorsa pubblica e all'utilita' economica che il concessionario
ne ricava» (sentenza n. 158 del 2016; nello stesso senso, sentenza n.
64 del 2014), nonche' dei principi di economicita' e  ragionevolezza,
previsti espressamente dallo stesso art. 37, comma 7, del d.l. n.  83
del 2012 e condizionanti l'esercizio della competenza regionale  gia'
prima della definizione con decreto ministeriale dei criteri generali
(sentenza n. 158 del 2016). 
    La nuova disposizione contenuta nel comma 1-quinquiens  in  esame
disciplina i criteri con  cui  le  Regioni  devono  determinare,  con
propria legge e sentita l'Autorita' di regolazione per energia,  reti
e ambienti, il canone di concessione che i  concessionari  di  grandi
derivazioni idroelettriche sono tenuti a corrispondere semestralmente
alle Regioni stesse; da parte sua il comma septies detta le modalita'
di determinazione del canone aggiuntivo della fase transitoria. 
    La previsione dell'obbligatoria devoluzione di almeno il  60%  di
detti canoni alle province  e  citta'  metropolitane  costituisce  un
precetto specifico  e  puntuale  che  si  configura  quale  norma  di
dettaglio non ammissibile  in  una  materia  devoluta  alla  potesta'
legislativa concorrente. In ipotesi  sara'  la  Regione  che  potra',
nell'ambito della sua autonomia legislativa, disciplinare se e in che
misura attribuire agli enti locali territorialmente interessati dalle
opere una parte del canone riscosso. 
    Sussiste pertanto la violazione dell'art. 117 terzo comma Cost. 
    1.b) La disposizione impugnata contrasta  anche  con  l'art.  118
Cost. e con l'art. 119 primo, secondo e quarto comma Cost. 
    Il  principio   dell'onerosita'   della   concessione   e   della
proporzionalita' del canone alla  entita'  dello  sfruttamento  della
risorsa pubblica e  all'utilita'  che  il  concessionario  ne  ricava
(sentenza  Corte  cost.  n.  85  del  2014)   determina   nella   sua
applicazione che il canone corrisposto costituisca un'entrata per  le
Regioni che,  come  sopra  evidenziato,  sono  titolari  anche  delle
funzioni amministrative in materia, funzioni molteplici ed  aumentate
con l'intervento normativo contenuto nell'art. 11-quater della  legge
n. 12/2019. Tale entrata finanziaria  e'  quindi  strumentale  ad  un
corretto esercizio di tali funzioni, attribuite alle Regioni ai sensi
dell'art. 118 Cost. 
    La norma impone che una parte consistente, piu' della meta',  sia
devoluta ad altre Amministrazioni obbligatoriamente,  cosi  incidendo
anche sull'autonomia finanziaria che il  richiamato  art.  119  Cost.
garantisce alle Regioni e sulle scelte che le stesse devono  compiere
circa l'utilizzo di  quell'entrata  per  il  corretto  esercizio  dei
propri compiti, in attuazione, in particolare, dell'art.  119  quarto
comma Cost. Deve considerarsi  infatti  che,  in  base  agli  attuali
parametri, i canoni per l'utilizzo  della  risorsa  idrica  richiesti
annualmente dalla Regione Toscana per le grandi  derivazioni  ad  uso
idroelettrico ammontano a 3,7 milioni;  la  devoluzione  obbligatoria
alle Province e citta' metropolitana sarebbe dunque di 2,2 milioni di
euro l'anno (doc. 1). 
    Inoltre  la   giurisprudenza   costituzionale   ha   piu'   volte
sottolineato l'illegittimita' di norme statali che non possono essere
considerate principi fondamentali in materia di  coordinamento  della
finanza pubblica qualora pongano un  precetto  specifico  e  puntuale
sull'entita' delle entrate e delle spese:  norme  siffatte  sono  una
indebita invasione  dell'area  riservata  dall'art.  119  Cost.  alle
autonomie territoriali, alle quali la legge statale puo'  prescrivere
criteri ed obiettivi (ad esempio, contenimento della spesa pubblica),
ma non imporre nel dettaglio gli strumenti concreti da utilizzare per
raggiungere  quegli  obiettivi.  Infatti  la  previsione  di   misure
analitiche  comprime  illegittimamente  l'autonomia  finanziaria   ed
esorbita dal compito di formulare i soli principi fondamentali  della
materia (sentenze n. 36/2004; n. 417/2005; n. 169/2007; n.  237/2009,
n. 182/2011, n. 139/2012, n. 217/2012, n. 22/2014, n. 43/2016). 
    Le disposizioni contestate non rispettano i  suddetti  criteri  e
dunque violano l'art.  119  primo,  secondo  e  quarto  comma  Cost.,
perche' pongono  un  vincolo  specifico  e  puntuale  sii  un'entrata
regionale, cosi' ingiustificatamente privando le Regioni  di  risorse
finanziarie finalizzate allo svolgimento delle loro  competenze  che,
nella materia delle derivazioni idroelettriche, sono incrementate,  e
con conseguente negativa incidenza anche sul concreto esercizio delle
funzioni  amministrative  spettanti  alla  Regioni  stesse  in   base
all'art. 118 Cost. in tale materia.